domenica 31 agosto 2008

IL GIOGO DI ORTANS DI ALDO OCCHIPINTI - 1° parte


Cari amici del Blog,
uno studioso di Arte mediovale, Aldo Occhipinti, mi ha scritto perchè ha scritto un racconto un racconto fantastico largamente ambientato a Castellammare; Immaginando di andare nella grotta di Santa Margherita. Il racconto è stato pubblicato on line su PoesieRacconti.it ed è intitolato "Il Giogo di Ortans" - mi ha chiesto il vostro parere e le suggestioni dei Castellammaresi leggendo il racconto. Essendo un pò lungo il racconto lo dividero in tre parti, chi avesse voglia di leggerlo può cliccare il link sottostante: . BUONA LETTURA.

IL GIOGO DI ORTANS

Non so perché sto scrivendo queste parole; è tutto inutile. Perché voler comunicare al mondo ciò che mai può e deve essere creduto? Di me si dirà che sono impazzito, vittima delle allucinazioni prodotte dalla droga, dai farmaci e dall’esaurimento psichico; del resto: il mondo non deve credere alle mie parole; altrimenti, ogni certezza, ogni filosofia e religione e, soprattutto, qualsiasi speranza o forza " capace di spingere l’uomo a proseguire nella sua vita d’ogni giorno " sarà vana e definitivamente sconfitta.
Il cappio, che ho ben allacciato su una trave del soffitto di quest’abbaino, ondeggia minaccioso e, al contempo, elargitore dell’unica speranza che mi rimane: cancellare definitivamente quest’incubo. Oh, la mia mansarda… quanti ricordi in questa stanza. Guardo alle pareti le fotografie che mi raffigurano: momenti lieti e difficili di una vita che aveva ancora senso di esser vissuta.

Ho appena aperto la finestra: guardo ancora una volta la grande città. Quanta frenesia, quanta energia vitale pervade la città dell’uomo. La città ignara che si abbrustolisce al sole sopportando con gaudio ogni difficoltà: sospinta dall’energia vitale che dà un significato al domani. Provo pietà per lei. Nessuna pietà per lo spregevole monte, nessuna pietà per il crudele sole, per il cielo, per il mare… loro sanno tutto; loro sono parte del tutto: sapere cosa è il tutto è terribile e abominevole. Io adesso so e sono maledetto. L’unica via di fuga ondeggia: l’ombra del cerchio è disegnata sul muro dai raggi dell’ingannatore sommo.

Non tollero più quest’ansia e quest’angoscia. Consumo sempre più compresse di Alprazolam e altri psicofarmaci; ma nulla può darmi conforto o lenire la mia paranoia. Persino l’amato hashish non riesce a consolare il mio spirito inquieto.

Non so perché sto facendo passare le ore senza andare al dunque. No, no: lo so, eccome! E’ la pietà per il genere umano che ferma la mia mano… se qualcuno crederà alle mie parole, potrà essere dannato. Certo, è difficile, molto difficile che qualcun altro possa verificare con i suoi occhi; siamo pochi, molto pochi ad avere questa capacità, e tra quei pochi che, ignari, l’hanno, difficilmente qualcuno s’imbatterà in questo mio folle resoconto, credendo alla sua terribile rivelazione.

A detta di tutti: sono sempre stato una persona mite e assennata. Ho vissuto per ventisei anni con una carica costante di tenacia e d’ottimismo. Ero felice, davvero felice e soddisfatto dalla vita. Avevo una ragazza stupenda che mi ama ancora, dei genitori che mi hanno sempre assistito e protetto con affetto, amici sinceri e di certo non mi son mai mancati agevolazioni e denaro. E’ da quando sono bambino che mi appassiono per il medioevo, la sua arte, la sua storia, i suoi misteri. Ho studiato arte medievale con dedizione e passione estrema; mi sono laureato poco più che ventenne e ancora oggi fruisco di uno splendido assegno di ricerca. Sono sempre riuscito a scacciare tristezza e depressione, uscendo a testa alta e col sorriso da ogni difficoltà. Per le vie, spesso la gente mi chiamava “felicità”; e non vi era bar o piazza, chiesa o biblioteca, dove non conoscessi persone con cui scambiare parole cordiali. Chi mi conosce, forse, capirà che non sto mentendo, che non è possibile passare da un’esistenza solare a questa torbida notte che mi ha avvolto e mi sta definitivamente uccidendo.
Ho accennato della mia passione per il medioevo e la sua arte. E’ incredibile scherzo del destino, che proprio la cosa che mi dava più energia e voglia di vivere mi abbia portato all’estremo delirio. Mi ritengo tra i massimi conoscitori viventi della Palermo medievale; da dieci anni ormai (prima per diletto e poi per professione) studio con estremo rigore il patrimonio medievale della città. Credo di conoscere ogni tassello musivo del Duomo di Monreale, della Martorana, della Cappella Palatina; non v’è testimonianza architettonica, pittorica o letteraria che io non abbia studiato con scrupolo maniacale. Ho trascorso mesi e mesi nello studio costante del territorio, dell’evoluzione della città dall’antichità all’era moderna. Ho pubblicato saggi sulla storia della città e sono abbastanza conosciuto tra i medievisti italiani, europei e americani. Non dico questo per vantarmi, ma per far capire alla gente che non mi conobbe che fui una persona savia ed affidabile. Bene, è proprio nell’ambito delle mie ricerche dunque, che nacque il germe che mi ha portato a scoprire ciò che doveva rimanere occulto. Sei mesi fa, incappai in un articolo riguardante una chiesa rupestre presente in una scogliera non lontana dalla piccola città di Castellammare del golfo. Si trattava della “Grotta di S. Margherita”, ne avevo letto e sentito parlare abbondantemente ma, a causa dell’esiguità dei resti pittorici presenti, e delle difficoltà di accesso al sito, ho sempre rinunciato a recarmi di persona sul posto. Eppure, la maledizione era segnata nel mio destino. Quando lessi quell’articolo avevo appena concluso " e con successo " una ricerca su una possibile nuova datazione del trecentesco Palazzo Steri di Piazza Marina. Soddisfatto dai risultati ottenuti e libero da impegni e scadenze, mi convinsi di raggiungere la grotta. Sia maledetta l’ora e l’intenzione. Era una discreta giornata di novembre; allestii l’occorrente per la spedizione (una fune, dei moschettoni, una piccola fotocamera digitale, un quaderno per appunti e una torcia), feci il pieno di benzina alla mia vecchia British Open e imboccai l’autostrada per Trapani. Non avevo superato da molto l’uscita per Carini, quando il cielo s’incupì profondamente e repentinamente, coprendosi di dense e scure nubi. Demordere non ha mai fatto parte del mio carattere; non avevo alcuna intenzione di tornare sui miei passi. Quando raggiunsi Castellammare, una forte e violenta pioggia batteva sul parabrezza della Mini, e un rivolo d’acqua s’insinuava, dal tettuccio apribile, nell’abitacolo della mia verde, datata automobilina. Mi fermai in paese e, dato che era ora di pranzo, decisi di trovare una buona trattoria per un boccone. Ero già venuto, in passato, in questa piccola città " soprattutto per studiarne il castello " ma non avevo mai notato l’eccessivo numero di macellerie presenti in ogni via: cosa che stimai alquanto strana per un borgo marinaro che ha costruito la sua storia sul porto e sulla pesca. Le vie erano piuttosto scevre da passanti, il borgo era dominato da uno spettrale silenzio. Raramente incrociai qualche altra automobile e pochi erano gli esercizi commerciali aperti. Decisi di mangiare in una trattoria, prospiciente il porto e l’immensità tirrenica, nei pressi del castello. Il ristorante era vuoto; solo alcuni minuti dopo il mio ingresso, un vecchio uomo tarchiato e basso si avvicinò a me e, guardandomi con aria indagatrice e profonda, m’invitò a sedere in un tavolo e mi diede un menu. Il vecchio mi servì il pesce e il vino che avevo ordinato. Provai ad essere cordiale e feci, sorridente, delle domande di circostanza e delle battute di spirito. L’uomo fu impassibile e silenzioso; mi dava delle striminzite ed essenziali risposte e sembrava voler affrettare la mia dipartita dal locale, rimanendo vicino al tavolo e guardandomi con occhi sprezzanti che mi mettevano notevolmente a disagio. Quando chiesi informazioni sulla grotta dove stavo recandomi, il volto del vecchio si corrugò "cambiando espressione in maniera sorprendente " facendosi quasi minaccioso; la sua voce proruppe allora con tracotanza: “Chi siete? Andare alla grotta il venti di novembre? Sicuramente sapete! Andate via, maledetto demonio!” Detto questo, tirò con forza la tovaglia del mio tavolo, facendo volar per terra ciò che rimaneva del mio pasto. Poi, continuando a imprecare impazzito, mi scacciò dal locale, inseguendomi brandendo una sedia.
Decisi di andare dai carabinieri ma il commissariato era incredibilmente deserto. Il telefonino non aveva campo e nessuna delle cabine telefoniche del paese era funzionante. Mi feci coraggio e tornai alla trattoria per dire quattro parole a quella bestia di uomo. Quando giunsi al locale, lo trovai chiuso sprangato. Mi volsi verso il mare: alte e possenti onde s’infrangevano violentemente sulle banchine


FINE PRIMA PARTE

2 commenti:

Aldoplus79 ha detto...

Castellammaresi d'ogni dove, Ciao a tutti! Sono Aldo, l'autore di questo racconto - pubblicato su Poesieracconti.it e che Nicolò ha deciso di ospitare sul suo Blog. Il racconto è carico di suggestioni castellammaresi e, pertanto, ogni giudizio e commento è più che gradito!

Ah, dimenticavo: SOSTENETE IL BLOG DI NICOLò! Date voce alla vostra Castellammare!

Ciao da Palermo!

Aldoplus79 ha detto...

http://www.poesieracconti.it/racconti/opera-3721