venerdì 20 giugno 2008

PRIMA INIZIATIVA DEL BLOG: RECUPERO DELLE ICONE NELLA GROTTA DI SANTA MARGHERITA A CASTELLAMMARE DEL GOLFO



Cari amici del Blog,

finalmente abbiamo il Sindaco, ed ecco puntuali iniziamo la nostra prima iniziativa da chiedere al Sindaco di Castellammare del Golfo, l'ing. Marzio Bresciani.

Egregio Sindaco Bresciani,
il nostro Blog è interessato a farle una richiesta particolare che riguarda il recupero e il restauro della grotta di Santa Margherita.
Le chiediamo di interessarsi al recupero di questo nostro patrimonio culturale di altissima qualità, l'accesso alla grotta è possibile quasi esclusivamente dal mare, tranne l'utilizzo via terra per impervi sentieri a strapiombo sul mare.
Le chiediamo che si ponga in essere uno studio per il recupero e il restauro delle icone che vi sono nella grotta e la progettazione di un percorso via terra che porti all'ingresso della grotta nel pieno rispetto della costa, della flora e della fauna.

con osservanza
IL Blog di Nicolò Lentini

A chi non conosce la grotta di santa Margherita eccovi alcuni cenni:

Ad alcuni chilometri di distanza da Castellammare, in una parete rocciosa a strapiombo sul mare, si apre una grotta ad un'altezza di circa quindici metri, sufficiente ad assicurare la preservazione dell'antro dall'invasione delle acque marine. L'ambiente, di difficile accesso dal lato di terra, risulta anche dal lato del mare non facilmente raggiungibile ed appare preceduto da un piccolo ballatoio realizzato con filari di conci in pietra e terra battuta, dal quale si gode l'ampia vista del golfo e dell'azzurra distesa delle acque.

L'accesso all'antro appare parzialmente chiuso da un muro in pietra e muratura, nel quale è stato predisposto lo stipite di una porta in regolari conci squadrati di tufo, probabilmente una chiusura della grotta mai completata; nella parete della grotta opposta al battente non è dato infatti rilevare altra traccia di muro o di muratura.

L'ambiente interno, asciutto, levigato e profondo circa diciassette metri, consta di due parti: una, di circa dieci metri per cinque, in buona luce con ampie pareti lisce, l'altra di circa sette metri, di forma circolare in penombra.

Una serie di affreschi realizzati sulle pareti laterali della grotta esposte alla luce rappresenta, su di un fondo bianco riquadrato in rosso ed incorniciato all'interno in giallo, diverse figure: dal lato destro dell'ingresso una Madonna con Bambino, affiancata da un Santo e da un altro pannello a destra, contenente un personaggio non identificato, che indossa all'apparenza un manto serico decorato e svolazzante; in fondo un grande pesce ed una Santa circondata da Angeli; sul lato opposto, a sinistra dell'ingresso, una Crocifissione ed altre figure, allo stato attuale di difficile lettura a causa della sporcizia e dei danni arrecati dal tempo e da qualche irriguardoso visitatore.

Lo straordinario ambiente - certamente noto agli anziani del luogo - già nel 1976 fu segnalato da G. Pottino a U. Mirabelli e, con l'ausilio di qualche foto di P. Thomas e B. La Bruna, posto all'attenzione di R. La Duca, che ne dette ripetutamente notizia e lo attribuì al XII sec., pur non avendo avuto la possibilità di visitarlo[1]. Da allora il sito è rimasto del tutto trascurato, perché non facilmente rintracciabile e, ancor di più, per la difficoltà dell'accesso. Ma ciò è valso a preservarlo in buone condizioni.

Gli affreschi della grotta, che la tradizione locale indica di S. Margherita, appaiono databili piuttosto al XIII/XIV sec. e sembrano far parte di un ciclo pittorico di unitario concepimento che prevedeva la realizzazione di una Madonna col Bambino del tipo "eleusa" (affettuosa) affiancata da un Santo, barbato e con libro, da un personaggio non identificato e, sulla parete opposta, di una Crocifissione e di una teoria di altre figure delle quali restano ormai solo labili tracce. Un unico affresco sovrapposto successivamente probabilmente preserva al di sotto integre le più antiche immagini.

Straordinaria è l'intuizione scenografica mirante a porre la figura di un grande pesce su di un arco roccioso al fondo dell'antro in un punto separante il vestibolo della grotta dal più profondo recesso. Evidentemente con tale figura marina, curiosamente rappresentata con lunghe ciglia, sguardo sornione, squame, maligna lingua pendula e grandi denti aguzzi, si intendeva raffigurare il Male, che si snodava sinuosamente per le asperità dell'antro e che finiva con il lungo corpo e la coda per essere sovrastato dalla santa figura della Madonna.

Dal buio della cavità, posta dinnanzi alla splendente distesa azzurra delle acque del Golfo di Castellammare, emerge l'ingenua rappresentazione di un incubo marino dell'ignoto pittore del XIII/XIV sec., che affida alla Madonna e alle figure Sante che ricoprono le pareti della grotta il compito di proteggere se stesso e la gente del mare dai mostri che lo popolano e dal Male del mondo.

Se la Madonna è apparsa confrontabile con l'Odigitria del sec. XII della Cappella Palatina di Palermo[2] il pesce con un caratteristico muso di delfino o di squalo (carcharinus carcharias) - animali nella realtà privi di squame e di lingua, che sovente disturbavano l'ingresso dei tonni nella tonnara ('mbistini) – appare rievocare dettagli di bestie ed animali fantastici rappresentati sulle trecentesche travi di Palazzo Steri a Palermo[3] e sopratttutto la raffigurazione del Maligno come cane con corpo di serpente o basilisco nell'"albero della vita" del portico meridionale della Cattedrale di Palermo, databile tra il 1129 ed il 1429[4].

La figura della Santa, affiancata da due angeli oranti, è invece sovrapposta agli affreschi più antichi, che risultano parzialmente nascosti. Si tratta di un affresco del XVII sec. di buon disegno, ma alquanto danneggiato da graffiti ed iscrizioni moderne. Esso rappresenta forse S. Margherita affiancata da due angeli che si affacciano da una struttura merlata - allo stato attuale di non chiara lettura - forse il vicino Castello a mare. Secondo la tradizione, tale Santa avrebbe avuto il potere di vincere il Drago con il semplice segno della croce, calcando il mostro - in particolare marino – e di consentire così il superamento di ogni paura[5].

La sovrapposizione di quest'ultimo affresco alle diverse raffigurazioni trecentesche indica una lunga continuità di culto nell'ambiente, denotata anche da un apparente ripristino di una sottostante e più antica raffigurazione con Angeli nella medesima posizione, ma con colori più accesi, forse cinquecentesca.

Nella parete di fronte, una Crocifissione con un apostolo o una Maddalena - coeva alla Madonna con il Bambino - e qualche altra figura necessitano almeno di un po' di pulizia, per rendere possibile un'accurata lettura ed una migliore interpretazione.

La zona era stata concessa fin dal 1097 da Ruggero I al monastero basiliano di Sancta Maria de Boico, presso Vicari, che in eremi – laura avviava giovani monaci ed eremiti a tradurre la fede in superamento delle passioni ed a conseguire quella apátheia che il contatto con una natura splendida ed il recupero dei valori e bisogni essenziali della vita indubbiamente favorivano[6].

La presenza del mostro marino nell'antro sembra dunque aver determinato la denominazione dell'antro e la successiva realizzazione di un'immagine di Santa Margherita, vincitrice del Drago, trasformando un primitivo eremo sul mare – uno dei pochissimi sopravvissuti con originarie ed originali decorazioni marine - in un ambiente sede di un culto particolare legato alle acque ed ai suoi mostri, episodicamente frequentato da pescatori e cacciatori provenienti dalla vicina Castellammare. Il tentativo di trasformare tale ambiente in una cappella rupestre sul mare non venne però mai portato a termine.

Sul fondo dell'antro un tumulo di pietre segnala forse la deposizione del santo eremita, che, posta in prossimità del più profondo recesso della grotta, levigato da un uso antico e costante, indica al tempo stesso il suo antico giaciglio.

Altre grotte di difficile accesso lungo la medesima scogliera, che potrebbero confermare l'ipotesi dell'esistenza di una vasta laura marina di età medioevale, attendono ancora di essere raggiunte ed esaminate.


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Note
[1] La Duca, L'eremita aveva anche un pennello, La città perduta, IV, 1978, pp. 97 – 99; Id., La tonnara di Scopello, Palermo, 1990, pp. ss.

[2] La Duca, op. cit., p. 98

[3] Gabrici, Levi, Lo Steri di Palermo e le sue pitture, Milano- Roma, 1932 (rist. Palermo, 1993), tavv. LXI; LXXXIII; Bologna, Il soffitto della Sala Magna allo Steri di Palermo e la cultura feudale siciliana nell'autonno del Medioevo, Palermo, 1975.

[4] Meli, Un albero pieno di vita. Opera riscoperta nel portico meridionale della Cattedrale di Palermo, Palermo, 1991, pp. 19 e 35, figg. 45 e 51.

[5] . Margherita di Antiochia di Pisidia, detta in Oriente anche Santa Marina, fu decapitata secondo una Passio al tempo di Diocleziano (307) e venne sovente rappresentata nell'atto di abbattere un drago, talvolta con una collana di perle (margaritae). Si ritiene che le sue reliquie siano state portate nel X sec. a Montefiascone nel Lazio. Essa fa parte dei quattordici Santi Ausiliatori e delle Quattuor Virgines Capitales. Krauss, Uthemann, Quel che i quadri raccontano, Milano, 1994, pp. 496 e s.

[6] La Duca, l. c..

Fonte: www.archaeogate.org

1 commento:

Corsica-msrg ha detto...

Ciao, un'evoluzione di protezione, dal momento che queste righe?