domenica 14 settembre 2008
IL GIOGO DI ORTANS 2° PARTE di Aldo Occhipinti
Cari amici del Blog, continua il racconto fantasioso del nostro amico Aldo, ringraziamo Aldo per l'invio della seconda parte del suo racconto ... chissà come andrà a finire ...
Decisi di lasciare il paese e di andare alla ricerca della grotta. Questa, come sapevo, si trovava su una ripida scogliera rocciosa a nord dell’abitato. L’accesso alla grotta era possibile, o dal mare con un’imbarcazione, o calandosi con delle funi dall’alto della rupe. Attaccai la corda al guardrail e misi a discendere, gradualmente, la scogliera. Il folto borgo di Castellammare, perfettamente visibile dall’alto della rupe, immerso in quelle condizioni climatiche di cupa foschia e pioggia, mi apparve odioso: con quella sua forma di falce che terminava con l’austera mole del castello, sembrava voler fendere a morte il mare. Avanzai con difficoltà tra le sterpaglie. La pioggia, a tratti, si ripresentava violenta e rendeva arduo il mio avanzare. Rischiai più volte di cadere e di uccidermi sugli scogli, ma la mia tenacia e la mia determinazione mi accompagnarono fino in fondo. Giunsi, esausto, al cospetto del minuscolo accesso della grotta a strapiombo sul mare. A quanto stava scritto, quella chiesa rupestre doveva esser stata fondata, intorno al quattordicesimo secolo, da alcuni mercanti genovesi che intrattenevano floridi commerci da queste parti, presso i quali, si sa, il culto di S. Margherita era diffusissimo.
Entrai nella spelonca facendomi luce con la potente torcia, e " dopo essermi chinato per il clamore generato dai pipistrelli che, disturbati dal mio ingresso, fuggirono a stormo dalla spelonca " presto mi ritrovai di fronte le tracce dell’amato medioevo. Vi erano tre grandi raffigurazioni sulle ampie pareti di roccia; le prime due erano malamente conservate, si trattava di frammenti di un’inconsueta S. Margherita e di una piuttosto canonica Vergine orante; la terza figura, che si trovava su una parete più interna, mi lasciò allibito e stupefatto: un orribile mostro marino dalla faccia di cane e dalla coda di calamaro si estendeva, enorme, sulla parete. Il mio stupore, inizialmente, fu dettato dal fatto che, nonostante tutte le fonti che avevo in precedenza consultato parlassero di pessimo stato di conservazione per tutte e tre le figure, la pittura che avevo di fronte, sebbene fosse antichissima e mai restaurata, si presentava perfettamente integra e dai vividi e intensi colori. Mi avvicinai alla parete e toccai la superficie della roccia, restando stupito dalla consistenza tenace di quella pittura rupestre. Quegli strati di vividi colori, sembravano come sospesi nel tempo e nell’incredibile. Si trattava, chiaramente, di un’autentica pittura medievale ma, allo stesso tempo, sembrava esser stata appena realizzata. Tutta la mia esperienza e conoscenza delle tecniche pittoriche più disparate sembrò improvvisamente vacillare. Quell’opera era impossibilmente autentica. Forse fu questo il momento in cui la mia mente razionale ebbe il suo primo vacillare. Rimasi immobile, conquistato e stregato da quelle forme e da quei colori che contemplavo illuminandoli col fascio di luce della mia potente torcia alogena. L’immagine di quella mostruosità cominciò, all'improvviso e gradualmente, ad acquisire una luce propria. Mi parve di esser rimasto vittima di un’illusione, allora decisi di spegnere la torcia. Quella lovecraftiana, immonda creatura marina continuava a presentarsi alla mia vista, e la sua luminosità continuò a crescere fino a divenire abbagliante; io allora mi coprii il volto e mi gettai per terra, scalfendomi un braccio sulla dura roccia. Nonostante tenessi gli occhi chiusi, quell’immagine rimase impressa " in ogni suo dettaglio e sfumatura " nella mia percezione visiva. Urlai e riaprii gli occhi ma, non potendo sopportare la luce accecante che pervadeva la grotta, dovetti richiuderli.
Mentre ero costretto a guardare quella figura, vi fu un fischio assordante seguito da un suono gutturale. Poi, sentii un alito di vento gelido invadere l’antro. Ogni tentativo di guardarmi intorno fu vano; capii che quella luce era ben capace di rendermi cieco.
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