mercoledì 16 gennaio 2008

Ritorna la Messa tridentina


Cari amici del Blog,
oggi mi voglio occupare un pò di religione, da tanto tempo che non trattavo di materie ecclesiastiche, considerato il fatto che sono un laureando in Magistero presso l'Istituto Superiore di Scienze Religise alla Pontificia Facoltà Teologica San Giovanni Ev. di Palermo. Personalmente sono molto favorevole alla messa tridentina anzi auspicavo da tempo che vi fosse un ritorno del latino e ai canti gregoriani. La messa odierna sta facendo perdere significato ai segni e ai simboli che hanno una caratterizzazione simbolica molto forte. I canti che vengono eseguiti in Chiesa sembrano quelli di Candy Candy, si è persa la percezione del sacro e il senso di serietà entrando in Chiesa. Le moderne costruzioni delle Chiese sembrano avulsi dalla ecclesiologia liturgica tradizionale a scapito della sacralità del luogo. Con questo non voglio essere tra gli oppositori del Concilio Vaticano II, esso ha rappresentato un passo avanti della Chiesa per incontrare il mondo, ma l'incontro con il mondo non deve rappresentare uno svilimento di quello che più prezioso la Chiesa, dopo l'eucarestia, custodisce cioè il deposito della fede, ovvero la Tradizione. Il ripristino della messa tridentina non è un ritorno all'oscurantismo ecclesiale medioevale ma un approccio liturgico diverso ma che gode di una validità religiosa millenaria.
E' sorprendente constatare che alcuni vescovi e cardinali si oppongono in modo massiccio al reintegro del rito tridentino, specialmente loro che hanno la consapevolezza della molteplicità dei riti esistenti all'interno della Chiesa Cattolica, per cui oltre al rito maronita, bizantino, armeno, copto, malabarita, siro, bisogna aggiungere quello romano tridentino, poichè uno solo è il battesimo, una sola è la Chiesa, una è la fede che la Chiesa professa nel nome del Signore Gesù Cristo. Ora vi lascio alla lettura di alcune considerazioni che ho trovato di particolare interesse su internet: Buona lettura.

Benedetto XVI ha ripristinato la messa secondo il rito usato per circa 1.500 anni, rendendo la libertà di celebrare sia in latino (che può essere più adatto in determinate circostanze) che in lingua volgare (non proibita!)
La nuova possibilità di una celebrazione non più “eccezionale” della Messa latina è decisione che si radica nella lunga durata della riflessione del teologo Joseph Ratzinger.
Essa funge da correttivo di un’indebita frattura pratica (e, prima ancora, ideologica) consumata nel tardo Novecento cattolico “conciliare”. Frattura con la tradizione moderna della Chiesa e, quanto alla lingua, pressoché con l’intera tradizione.
Tale frattura non era però nella lettera della riforma liturgica del concilio Vaticano II, ma è avvenuta nella cancellazione di fatto dello spirito della liturgia precedente la riforma, quasi intendendo o lasciando intendere ch’essa fosse in sé inadeguata (il che è intrinsecamente assurdo).

Alcuni punti:
a. La lingua non-ordinaria (che non è però imposta, ma libera) favorirà la percezione di una antiquitas del rito, di una originarietà : una esperienza non più “trasgressiva” del rito latino darà il senso del rapporto necessario fra tradizione e innovazione (o, meglio, adattazione) e della loro reciproca forza moderatrice. Lo sanno i credenti che hanno frequentato in questi decenni le liturgie monastiche in latino, ancora più che quelle “tradizionalistiche”.;
b. La forma e la disciplina rituale della Messa di Pio V avranno una obiettiva rilevanza per l’orizzonte di fede (secondo l’unità di lex orandi e lex credendi). Specialmente l’essere “rivolti al Signore” del celebrante e dell’assemblea (che oggi appare piuttosto rivolta al celebrante, e il celebrante ad essa) e la contemporanea riscoperta della eccentricità dell’altare rispetto agli astanti, costringerà a riflettere di nuovo su spazio e tempo sacro, sul loro senso e fondamento. Di nuovo ma non in maniera “nuova”, piuttosto nei termini della tradizione cattolica, latina e orientale;
c. La significatività recuperata (ma antica nella storia della fede cristiana) di una liturgia “che ha al centro il Santissimo Sacramento che brilla di viva luce” (come si esprimeva Jungmann sulla liturgia postridentina) vorranno una catechesi e una predicazione della Presenza reale, del “Dio con noi” caro a Joseph Ratzinger teo-logo;
Questa è, dunque, la speranza che pare trasparire dalla decisione di Benedetto: l’evidenza di una essenziale stabilità della Tradizione, confermata anche dalla rinnovata “validità” ordinaria.
(cfr il sito: l’Occidentale.it)

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