giovedì 8 ottobre 2009

STESICORO - Poeta Lirico Siciliano

Cari amici del Blog,
come vi avevo preannunciato, iniziamo con questa rubrica un viaggio alla ricerca di quei personaggi siciliani che hanno dato un contributo al progresso dell'umanità.
In questo post ci occupereremo di un poeta Lirico catanese considerato come il primo autore della poesia lirica e corale: Stesicoro di Imera.

Stesicoro, nativo di Imera, centro urbano fondato dal padre nel 648 a.C. sul litorale tirrenico dell’isola. Intorno agli inizi del VI sec., all’incirca trentenne, Stesicoro si trasferì a Kathana, dove morì intorno alla metà dello stesso. Nella città etnea, il Poeta si mostrò particolarmente attratto da quella forma aurorale di incontro sinergico tra arti diverse che già da secoli era presente nella tradizione orfico-dionisiaca e a cui già Androne attingeva nella strutturazione della nuova arte coreografica. Alla musica e alla danza, Stesicoro aggiunge una solenne voce poetica, che in alcune opere diventa polifonia e arte protodrammatica, ed è ricordato dalla tradizione quale inventore del genere definibile "coro narrativo".

Delle sue 26 opere la più famosa è la favola del cavallo e del cervo.

In quest'opera Stesicoro racconta come tra i due animali esisteva sempre astio. Il cavallo per battere il suo antico rivale chiese aiuto all'uomo. Quest'ultimo cacciò il cervo, ma per essere ripagato rese schiavo il cavallo.

Dai titoli citati dagli storici alessandrini ricaviamo che Stesicoro traeva spunto per le sue invenzioni tanto dall’antica tradizione dei nóstoi (ovvero le peripezie dei guerrieri achei di ritorno nell’Ellade dopo la distruzione di Troia, tradizione a cui aveva attinto Omero per la redazione dell’Odissea, e che vantava una ricchissima produzione orale andata perduta già in età classica) che dalla mitologia nelle sue forme ormai consolidate. Li riportiamo brevemente: I ritorni (intreccio di vicende tratte dai nóstoi ); Kyknos, che ha per tema lo scontro tra l’omonimo bandito tessalo e Eracle; la Caccia al cinghiale, tratto dal celeberrimo episodio mitologico che vedeva i principali eroi greci impegnati nella caccia al terribile cinghiale Calidonio; I giochi funebri per Pelia, torneo aristocratico tenutosi in occasione della morte dell’usurpatore che aveva fatto uccidere il re legittimo, padre di Teseo; la Distruzione di Troia, che completa la narrazione dell’Iliade, in cui la narrazione s’interrompe ben prima dell’introduzione nella città del famoso "cavallo"; la Saga di Oreste, che utilizzava ampiamente spunti ricavati da Omero e dalla tradizione per ricostruire il complotto della moglie di Agamenone, Clitemnestra, in combutta col cognato Egisto, per usurpare il trono del marito che torna vincitore da Troia e la successiva vendetta del figlio Oreste che, con l’aiuto della sorella Elettra, sopprime i due traditori, grande tema tragico trattato da Stesicoro con sublime pathos e dovizia di mezzi artistici e perciò destinato ad avere un’enorme influenza sull’Eschilo dell’Orestiade e su Euripide; ancora, la Saga di Gerione, trama avventurosa che ha come protagonista Eracle impegnato in Occidente nella caccia al mostro Gerione e narra altresì del suo successivo ritorno in Oriente con il trofeo della Coppa d’Oro, nascosto all’interno della quale il sole faceva ritorno ogni giorno nell’Oceano meridionale.
Infine la Palinodia, in cui veniva ribaltato il topos culturale che vedeva in Elena moglie di Menelao, fuggita con Paride a Troia, l’emblema del tradimento. A Sparta, dove Stesicoro andò spesso a visitare la parentela, Elena era venerata quale dea benefica locale e ciò probabilmente indusse il poeta a ripristinare la verità contro una denigrazione mitico-leggendaria secolare: non era Elena la donna partita con Paride alla volta di Troia, ma una sua immagine fallace, un eidolon.
Stesicoro fu certamente uno dei massimi poeti dell’antichità classica e un precursore dell’arte drammatica, anche se l’immediata posterità non gli riconobbe la fama e la grandezza di cui aveva goduto presso i contemporanei. Le sue opere andarono perdute anche perché non trascritte, destino comune peraltro alla grandissima maggioranza delle opere letterarie, comprese la parte preponderante delle produzioni di Eschilo, Sofocle, Euripide e in modo completo degli altri drammaturghi classici.

Frammentaria, ridondante, a volte insipidamente sentimentale o stucchevolmente enfatica: questo fu detto della sua opera da contemporanei o posteri inveleniti dal suo successo in ambito panellenico. Ma circa due secoli dopo le stesse parole non furono usate per Euripide?
Sicuro fu il radicamento di Stesicoro nella polis di Kathana. Si racconta che quando gli fu chiesto, nell’imminenza di un attacco cartaginese contro la città, se reputasse o meno opportuna l’alleanza della città col sanguinario tiranno agrigentino Falaride, li dissuase da ciò raccontando l’apologo del cavallo che chiese l’aiuto dell’uomo per divenirne poi schiavo.

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